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Cibo made in Italy

News Icon 10/12/2013

Le proteste di agricoltori e allevatori italiani in corso al valico del Brennero e ieri davanti a Montecitorio sono notizie che ci riguardano da vicino. Chiedono  l'obbligo dell'indicazione di origine sull'etichetta per tutte le specialità alimentari. Un messaggio tutto sommato condivisibile: il consumatore ha diritto a sapere da dove vengono i prodotti che acquista. Ma siamo sicuri che questa sia la garanzia per un prodotto di qualità? 

Prendiamo in considerazione il settore zootecnico. Ciò che fa la differenza non è tanto il Made in Italy bensì come è stato allevato quell’animale.

L’allevamento intensivo (contro cui si è sentito polemizzare durante la protesta degli agricoltori quale qualcosa di “estero”), è in realtà predominante anche in Italia, basti pensare che il 95% dei suini allevati in Italia deriva proprio da allevamenti intensivi. In moltissimi casi, da un punto di vista di benessere animale, non vi sono differenze significative tra un prodotto italiano e uno estero. Anzi, potrebbe verificarsi anche il contrario. Ovvero che un prodotto estero derivi da animali allevati in maniera più rispettosa del loro benessere. Potrebbe ad esempio, derivare da una vacca tenuta al pascolo in Francia (in Italia alla stragrande maggioranza delle mucche non viene dato accesso pascolo) o da un suino svedese (la Svezia è l’unico paese in Europa che rispetta pienamente la Direttiva Europea per la protezione dei suini). Ma è anche vero che vi sono dei casi, come ad esempio quello del pollo tedesco allevato a densità molto più alte che in Italia e venduto a prezzi stracciati, rispetto a cui alcuni prodotti nazionali costituiscono un miglioramento.

Ma perchè è importante il benessere dell’animale? Come impattano le modalità di allevamento sul cibo che che mettiamo in tavola?

Il modo in cui viene allevato un animale, oltre a determinare le sue condizioni di vita (un animale allevato all’aperto riesce ad esprimere con maggiore probabilità i suoi comportamenti naturali), influisce pesantemente sulla qualità e sui valori nutrizionali del prodotto, sia esso carne, uova o prodotti caseari. Ad esempio, la carne di un maiale allevato all’aperto contiene più vitamina E della carne di un maiale allevato intensivamente, circa il 5% della dose giornaliera consigliata per un adulto. Oppure abbiamo dal 50% al 185% di omega-3 nel latte prodotto da vacche tenute al pascolo.

Tutto questo per dire che è importante sapere che cosa mangiamo, ma perché questo avvenga l’indicazione d’oringe non è sufficiente: è necessaria un’etichetta che specifichi come è stato allevato l’animale. Non potemmo dirlo più chiaramente: i consumatori devono conoscere non solo da dove viene ma anche come ha vissuto quell’animale. 

Post scritto da Annamaria Pisapia e pubblicato sul blog Benessere Animale di Gaianews.it

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