Sono oramai decine in Italia e centinaia in Europa le etichette (centinaia nell’UE) apposte su carne e latticini per rassicurare i consumatori sulla provenienza degli ingredienti, non da ultimo sulla qualità della vita degli animali allevati: “naturale”, “di fattoria”, “benessere animale”, “genuino” - la lista è lunga.
Considerando che l’allevamento intensivo è il sistema di produzione dominante, queste etichette spesso, purtroppo, nascondono una realtà ben diversa da quella che proclamano.
Allo stesso tempo è chiaro che una etichettatura secondo il metodo di produzione, ovvero che spieghi chiaramente come ha vissuto l’animale dietro quel determinato prodotto (in gabbia? Sempre al coperto? All'aperto?), può favorire lo sviluppo di sistemi di produzione più rispettosi del benessere degli animali (e dell’ambiente).
Fin dai primi anni della nostra associazione abbiamo fatto nostra questa richiesta di una etichettatura secondo il metodo di produzione.
2014, Rosa on tour
Insieme a CIWF International, il 28 agosto del 2014 CIWF Italia ha portato nelle spiagge di Rimini il tour di Rosa il pollo. Durato 39 giorni– triste simbolo della durata media della vita dei polli allevati per la loro carne – il tour di Rosa in varie città europee ha acceso una luce sulle terribili condizioni a cui sono costretti questi animali negli allevamenti intensivi. L’iniziativa è stata l’occasione, al tempo stesso, di chiedere un’etichettatura onesta e trasparente che rispondesse alla domanda fondamentale: come ha vissuto l’animale allevato per realizzare questo prodotto?
2016, Non nel mio piatto
Grazie al sostegno e le generose donazioni di sostenitrici e sostenitori, nel gennaio del 2016 abbiamo lanciato un video per sensibilizzare i consumatori sull’atroce realtà degli allevamenti intensivi – una verità spesso seppellita sotto claim ingannevoli. Con questo video, abbiamo chiesto un’alternativa più rispettosa del benessere animale, dell’ambiente e della salute umana.
La campagna Non nel mio piatto è proseguita con un’azione sui social a cui hanno partecipato tantissime persone. Come? Con un selfie: abbiamo chiesto di stampare, o aggiungere sulla propria foto profilo, un paio di occhialini con disegnate due fette di salame a coprire gli occhi. I nostri social si sono riempiti di tantissime foto, tutte con lo stesso appello: apri gli occhi.
2017, facciamo un po’ di chiarezza
CReNBA, quando le certificazioni non bastano
Nella “giungla delle etichette” diffusesi in Italia negli ultimi anni, si è affermata molto quella del CReNBA – Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale – che ha sviluppato alcuni protocolli con l’obiettivo di valutare lo stato di benessere animale degli allevamenti, nello specifico relativo alla produzione di latte e di carne bovina. Le aziende che decidono di applicare questi protocolli possono avvalersi del claim “Benessere animale in allevamento" e inserirlo direttamente sulle confezioni.
Tuttavia, i criteri utilizzati nei protocolli si concentrano maggiormente sulle condizioni delle stalle piuttosto che su criteri fondamentali per il benessere animale, come l’accesso al pascolo. Per questo, la nostra associazione è intervenuta a sottolineare come tra tracciare lo stato della stalla e parlare di benessere animale ci sia molta differenza: il disciplinare del CReNBA è stato un buon punto di partenza, ma il settore delle vacche da latte in Italia necessita di interventi ben più consistenti e radicali per garantire il benessere di questi animali. Concetto che abbiamo ribadito anche recentemente, rispondendo ad alcune dichiarazioni - del consorzio del Parmigiano Reggiano.
“Senza antibiotici” non significa “con benessere”
Gli animali allevati intensivamente sono, come è inevitabile che sia, più esposti a malattie e infezioni, che il sistema cerca di limitare ricorrendo spesso all’utilizzo massiccio di antibiotici, anche a scopo preventivo. Dal 2017 ci impegniamo perché sia chiaro: smettere di usare antibiotici senza cambiare l'ambiente e le condizioni in cui vivono gli animali potrebbe non avere alcun impatto sul loro benessere, se non addirittura averne uno negativo.
La nostra richiesta alle istituzioni
Già nel 2017 avevamo chiesto – anche raccogliendo firme – ai ministri della Salute e delle Politiche agricole di avviare un processo per la definizione di un’etichettatura univoca, volontaria, specie-specifica secondo il metodo di allevamento.
Le nostre proposte concrete
Nel maggio del 2020 e febbraio 2021 abbiamo presentato, insieme a Legambiente, una serie di criteri per un’etichettatura secondo il metodo di allevamento dei suini e delle vacche allevate per la produzione di latte.
Queste proposte si basano su quattro principi base: l’etichetta deve precisare il metodo di allevamento, indicare l’uso o meno di gabbie, prevedere diversi livelli per ogni specie ed essere chiara e comprensibile. Infatti: a diversi metodi di allevamento corrispondono diversi potenziali di benessere animale, che dipendono dalla qualità di vita degli animali e dalla possibilità che viene loro data di esprimere i propri comportamenti naturali.
Un progetto inaccettabile
Il 21 ottobre 2019 le istituzioni hanno risposto alla richiesta dei consumatori di maggior benessere animale con il SQNBA (“Sistema di qualità nazionale per il benessere animale”), un progetto di etichettatura concepito di fatto per “imbellettare” gli allevamenti intensivi e vendendo i loro prodotti con il claim di “benessere animale”. La nostra replica non si è fatta attendere: abbiamo lanciato la Twitterstorm #BastaInganni, a cui hanno partecipato numerose associazioni e migliaia di cittadini.
GRAZIE a quanti hanno partecipato al Twitterstorm in difesa degli animali e dei consumatori: con gli hashtag #BenessereAnimale e #BastaInganni siamo fra le tendenze Twitter del giorno! Il messaggio è chiaro: basta etichette ingannevoli! @enpaonlus @Legambiente @Greenpeace_ITA pic.twitter.com/JA6nBdxW7Q
— CIWF Italia (@CIWF_IT) November 13, 2019
Quella prima protesta non sarebbe stata l’ultima.
Nel 2021 abbiamo promosso sui social un video per svelare l’inganno e incoraggiare le persone a chiedere alle autorità un’etichettatura che riporti sulle confezioni dei prodotti, in maniera trasparente e onesta, le condizioni in cui ha vissuto l’animale allevato per la loro produzione.
Già allora sapevamo che questa non era una battaglia che potevamo vincere da soli: la nostra collaborazione con altre organizzazioni è culminata con la fondazione della coalizione contro le #BugieInEtichetta nell’ottobre del 2021. Insieme alle 13 associazioni che si sono unite alla nostra lotta, abbiamo continuato a esercitare pressione perché il progetto di etichettatura SQNBA venisse modificato, cercando anche il sostegno di parlamentari sensibili al tema.
Gli sforzi nostri, di sostenitori e sostenitrici e dei partner non sono stati vani: quando il progetto è stato infine approvato, nel luglio del 2022, includeva alcune delle modifiche da noi richieste. Adesso, tutto sta a vedere come il progetto di etichettatura verrà concretizzato: noi, insieme alla coalizione contro le #BugieInEtichetta, continueremo a sorvegliare l’operato dei decisori politici.