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10 motivi cruciali per evitare la carne a basso costo

News Section Icon Pubblicato 15/10/2021

Di seguito una traduzione dell’articolo "10 Crucial Reasons to Never Eat ‘Cheap’ Meat", dal blog del Direttore globale di Compassion in World Farming Philip Lymbery. Qui l'originale.

Pochi sanno che la nostra ossessione per carne, uova e latticini a prezzi bassi ci sta costando il pianeta.

Scrofa allevata intensivamente in gabbia

È comprensibile, perché le crudeltà dell’allevamento intensivo sono spesso tenute nascoste. Però il 16 ottobre, Giornata Mondiale dell’Alimentazione, è di vitale importanza ricordare fino a che punto quest’orrenda forma di agricoltura animale industrializzata contribuisca ad aggravare le emergenze climatiche, naturali e pandemiche che la società si trova ad affrontare.

Leggi e condividi quanto segue affinché il maggior numero possibile di persone possa comprendere perché è necessario mettere fine all’allevamento intensivo.

1. Crudeltà nei confronti degli animali

Galline allevate in gabbia

Attualmente nel mondo si allevano e si macellano ogni anno 80 miliardi di animali d’allevamento. Circa due terzi di questi devono sopportare una vita di tormento in allevamenti intensivi. Tantissimi animali sono rinchiusi in gabbie o ammassati in spazi troppo piccoli. I polli non riescono nemmeno a spiegare le ali. Le scrofe vengono confinate per settimane in gabbie che non permettono loro neanche di girarsi. I bovini vengono strappati dalla campagna e alimentati a cereali invece che con l’erba. Si tratta della più grande forma di maltrattamento e crudeltà nei confronti degli animali sul nostro pianeta. Non ho dubbi che un giorno l’umanità guarderà con orrore e vergogna al modo in cui sta trattando creature senzienti. Non vedo l’ora che arrivi quel giorno.

2. Gli alimenti a basso costo non sono davvero economici

Ci viene detto che l’allevamento intensivo è in grado di fornirci alimenti a basso costo. Carne e latticini prodotti industrialmente e venduti al supermercato sono in effetti meno costosi, ma il loro prezzo irrisorio è soltanto il prodotto di elaborati trucchi monetari. Abbiamo escogitato un tipo di economia contorta che tiene conto solamente di alcuni costi, come quelli della sistemazione e dell’alimentazione degli animali, ma ne ignora altri, tra cui l’impatto deleterio dell’agricoltura industriale sulla salute e sull’ambiente.

3. Distruzione della natura

L’allevamento intensivo o industriale è uno dei fattori principali che conduce al declino di quegli ecosistemi di cui avremo bisogno per produrre il cibo in futuro; è infatti causa dell’inquinamento di aria e acqua, ha un impatto devastante sugli insetti impollinatori come le api, necessarie per l’esistenza di un terzo del nostro cibo, ed è responsabile dell’indebolimento del suolo che si sta verificando in molte parti del globo.

Le colture da foraggio, che servono in genere a nutrire gli animali da allevamento industriale, vengono coltivate usando fertilizzanti artificiali inquinanti e pesticidi chimici che danneggiano il suolo. Il risultato è troppo spesso che la campagna diventa sterile. Senza vita. Distese di campi disabitati, dove raramente si trovano vermi, uccelli, insetti, farfalle o api.

Ma non si tratta solo delle campagne; molteplici aree morte stanno emergendo anche negli oceani in tutto il mondo. I sistemi di agricoltura industriale, altamente dipendenti da fertilizzanti chimici e artificiali, sono una delle maggiori fonti di inquinamento della nostra preziosa acqua.

Detta in parole molto semplici, la nostra ossessione per la carne a basso costo di animali nutriti a mais scadente coltivato in campi contaminati chimicamente sta avvelenando ed eliminando specie preziose e danneggiando ecosistemi sulla terra, nei fiumi e nei mari.

4. Estinzione di specie

All’inizio di quest’anno, in un webinar, Chatham House ha presentato un report intitolato "Food System Impacts on Biodiversity Loss", frutto della collaborazione tra Compassion in World Farming e il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP). Il report ha evidenziato come l'attuale sistema alimentare globale sia il fattore che più di tutti contribuisce alla distruzione della natura che ci circonda: l’agricoltura rappresenta la più grossa minaccia per l’86% delle 28.000 specie notoriamente a rischio di estinzione.

Cucciolo di orango in Borneo
Cucciolo di orango in Borneo | Credit: Paulina L. Ela BOSF

In sostanza, il nostro insaziabile appetito globale per carni provenienti da allevamenti intensivi causa l’abbattimento di sempre più foreste in tutto il mondo a favore di terreni coltivabili, riducendo i terreni naturali. Stiamo spazzando via la flora e la fauna selvatica.

5. Impoverimento dei terreni

L’ONU dichiara che se continueremo con queste pratiche agricole dannose ci restano solamente 60 raccolti (“60 Harvests Left”) prima che i terreni di tutto il mondo scompaiano o diventino inutilizzabili.

Abbiamo una grande opportunità per sfruttare tutta l’antica conoscenza dell’agricoltura rigenerativa e agro-ecologica, un’agricoltura praticata in armonia con la natura, parallelamente alle innovazioni tecnologiche di nuove proteine che non derivano dagli animali, come la carne coltivata da cellule staminali. In questo modo potremo conservare i terreni solamente per la coltivazione di frutta e verdura e garantire a tutti una dieta ricca e abbondante, con una reale diversità di fonti proteiche.

6. Deforestazione

Quando si pensa alla scomparsa di habitat naturali in seguito alla deforestazione, si tende ad associarla al disboscamento eseguito per dare spazio ad abitazioni e colture per il consumo umano. Al contrario, una delle maggiori cause del disboscamento è la coltivazione di grano e soia su scala industriale, destinati per la maggior parte all’allevamento intensivo in tutto il mondo. Aree vastissime fanno questa fine.

Tuttavia, il problema non è la soia in sé, ma il modo in cui viene prodotta e ciò per cui viene usata. Se la coltivazione non usasse pesticidi e non fosse basata su monocolture, ma piuttosto praticasse la rotazione su terreni agricoli preesistenti anziché su terreni deforestati, la situazione sarebbe sicuramente migliore. Se la terra venisse coltivata per le necessità alimentari umane piuttosto che per quelle animali sarebbe ancora meglio.

La soia è un alimento prodigioso, una fonte completa di proteine per l'uomo, eppure la stragrande maggioranza di quella coltivata è destinata all'alimentazione animale, con 35 milioni di tonnellate di soia ogni anno in Europa usate in gran parte per nutrire animali allevati intensivamente.

7. Sprechi

L'argomentazione principale a sostegno dell'allevamento intensivo è che esso rappresenti l'unico modo per nutrire la crescente popolazione mondiale in modo efficiente ed efficace, eppure questo tipo di allevamento è la causa principale degli sprechi alimentari nel pianeta. Infatti più di un terzo di ciò che viene coltivato in tutto il mondo (che basterebbe a sfamare quattro miliardi di persone) viene usato per nutrire gli animali negli allevamenti, i quali sprecano la maggior parte del valore nutrizionale, in termini di calorie e proteine, convertendolo in carne, latte e uova.

8. Contributo alla crisi climatica

La produzione alimentare è responsabile di circa il 21-37 per cento delle emissioni totali di gas serra (GES) a livello globale. In agricoltura, ciò che maggiormente contribuisce alle emissioni di questi gas sono gli animali d'allevamento. A livello globale, la produzione di alimenti di origine animale causa fino al 78% di tutte le emissioni agricole. A oggi, il settore degli animali d'allevamento produce più emissioni dirette di gas serra di quante ne produca tutto il settore dei trasporti.

Nella maggior parte delle discussioni sul clima, i bovini sono considerati un enorme problema a causa delle loro emissioni di gas metano, mentre suini e pollame d'allevamento intensivo vengono erroneamente trascurati. In effetti questi ultimi non emettono direttamente grandi quantità di metano come i ruminanti, tuttavia il loro allevamento produce comunque gravi emissioni. L'anidride carbonica viene infatti rilasciata dai terreni coltivati in maniera intensiva per produrre mangime. Inoltre l'allevamento industriale di suini e pollame comporta anche l'uso di soia proveniente da terreni agricoli disboscati in Sud America, una delle principali fonti di anidride carbonica in atmosfera.

Per capirci, gli scienziati ipotizzano che fino a due terzi dei terreni arabili a livello globale siano destinati all'alimentazione di suini, pollame e bovini di allevamenti industriali, oltre che alla creazione di biocarburanti. La colture da foraggio destinate agli animali da allevamento intensivo causano anche notevoli emissioni di protossido di azoto (il più aggressivo dei gas serra) dai fertilizzanti. Il protossido d'azoto è 300 volte più potente dell'anidride carbonica e impoverisce anche lo strato di ozono. Se continuiamo ad aumentare il consumo di carne e latticini, le emissioni generate dalla produzione alimentare potrebbero scatenare un cambiamento climatico catastrofico da sole, senza aver bisogno di alcun contributo dal settore energetico o da qualsiasi altro settore.

9. Pandemia e rischi sanitari

Lavoratore in allevamento intensivo con mascherina chirurgica
Credit: dusanpetkovic

Mentre la comparsa del Covid-19 è stata collegata al consumo di fauna selvatica, mostra comunque forti similitudini con altri virus che sono emersi dall'allevamento industriale, come alcuni ceppi altamente patogeni dell'influenza aviaria e suina. Entrambe queste malattie, derivate rispettivamente da polli e maiali, hanno avuto effetti devastanti; si ritiene che abbiano avuto origine a causa delle condizioni innaturali in cui sono state allevate creature vive e senzienti: in gabbia, ammassate e confinate in allevamenti intensivi.

Allo stesso tempo l'allevamento intensivo alimenta la brama globale di carne e prodotti animali, che si traduce in un’ulteriore deforestazione a favore di terreni agricoli e nella conseguente invasione di territori selvatici con i loro nuovi virus.

Quando si tratta del regno animale, del nostro ambiente e della trasmissione delle malattie, il benessere degli animali e quello umano sono strettamente legati tra loro. Il Covid-19 ci ha mostrato quanto sia fragile la nostra società e come la nostra quotidianità ci possa venire strappata dalle mani in un attimo; mai ci fu esempio più potente del perché proteggere le persone significa anche proteggere gli animali.

10. Resistenza antimicrobica

A livello globale, circa il 70% di tutti gli antimicrobici viene utilizzato negli allevamenti intensivi. Gli antimicrobici vengono usati regolarmente in queste realtà per prevenire malattie che altrimenti sarebbero inevitabili quando gli animali sono ammassati in luoghi confinati e vivono in condizioni stressanti. L'uso eccessivo di antimicrobici nell'allevamento industriale contribuisce significativamente alla resistenza antimicrobica negli esseri umani.

Cosa possiamo fare

Le riprove di quanto la macchina dell'agricoltura intensiva sia devastante, inefficiente, crudele, malsana e piagata dagli sprechi ci giungono ormai su base quotidiana da tutto il mondo. In quest’epoca di pandemia, emergenza climatica e perdita di biodiversità, è urgente mettere fine all’allevamento industriale e ridurre il consumo di carne e latticini.

Dobbiamo assicurarci che i nostri leader comprendano che senza la fine degli allevamenti industriali e la transizione a un consumo di carne migliore e più ridotto, il mondo non potrà raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile né gli obiettivi di Parigi sul cambiamento climatico.

Una delle cose più importanti che tutti noi possiamo fare per risanare il nostro pianeta è cambiare la nostra alimentazione. Mangiando più cibi a base vegetale e meno carne, nonché carne di migliore qualità come quella proveniente da allevamenti all'aperto, al pascolo o biologica, possiamo aiutare il nostro pianeta devastato a iniziare a guarire.

Unisciti a noi di Compassion in World Farming e aiutaci a mettere fine a questo cosiddetto allevamento, che è crudele e distruttivo, e se puoi firma la petizione.

Grazie. Apprezziamo molto il tuo aiuto e il tuo sostegno.

 

Globe

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