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Schiavi della carne. La protesta degli operai della Castelfrigo

News Section Icon Pubblicato 24/01/2018

Negli ultimi tempi si è parlato molto della protesta dei lavoratori della Castelfrigo. I lavoratori lasciati a casa nell’autunno del 2017 dalle coop Work Service e Ilia D.A (a cui la Castelfrigo aveva dato in appalto i servizi di logistica) hanno superato il 90esimo giorno di sciopero.

La carne a basso costo ha dei prezzi nascosti di cui tutti paghiamo le conseguenze: persone, animali e ambiente. Gli impatti dell’allevamento intensivo sono stati indagati in Farmageddon, il libro scritto da Philip Lymbery, CEO di CIWF International, insieme a Isabel Oakeshott.

In un capitolo del libro, Lymbery smonta l’argomento economico usato dai sostenitori dei sistemi ‘grandi quantità a basso prezzo’, che spesso dichiarano di produrre carne a prezzo accessibile per i più disagiati e dipingono l’allevamento intensivo come la chiave dell’uguaglianza. La verità è che se gli allevamenti intensivi forniscono carne a basso prezzo (e di bassa qualità) nei paesi ricchi, questo avviene a spese di qualcuno.

Ricordiamo tutti lo sfruttamento dei lavoratori messicani nei macelli statunitensi, ben rappresentati dal film Fast Food Nation.

Non bisogna andare troppo lontano per renderci conto che quello della carne è un comparto esposto a moderne forme di schiavitù.

Questo accade anche in Italia, ad esempio, nel Modenese, a Castelnuovo Rangone, dove da mesi è in corso una campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori in appalto del distretto carni.

Quello di Modena è uno dei distretti più importanti dell’economia agroalimentare italiana, con un fatturato da 3 miliardi l’anno. Gli addetti in questa zona sono 5mila, 1.200 nella condizione di lavoratori in appalto, esposti a una sorta di nuovo caporalato: non dipendono più dalle aziende dove lavorano, ma vengono messi a disposizione da cooperative che nascono e falliscono per poi riformarsi sotto altro nome, licenziando e riassumendo i lavoratori. Il lavoro è massacrante e il personale è costituito al 100% da stranieri, gli unici disposti a sottoporsi a ritmi e modalità di uno dei mestieri più duri, quello connesso alla macellazione e al sezionamento delle carcasse, che li mette nella posizione di moderni “schiavi della carne”.

Cosa ancor più grave, una delle aziende del modenese, la Castelfrigo, ha annunciato il licenziamento dei 127 lavoratori che hanno denunciato lo sfruttamento e la violazione dei propri diritti. Un presidio permanente davanti all’azienda, manifestazioni pubbliche e uno sciopero della fame sono state le forme pacifiche di protesta che hanno adottato i lavoratori per protestare contro illegalità e soprusi.

Un caso, quello di Castelfrigo, che conferma ancora una volta che l’allevamento intensivo e l’industria della carne che ne deriva sono alla base di un sistema di produzione di cibo ingiusto e dannoso non solo per gli animali.

Fonti

- https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/24/castelfrigo-il-distretto-delle-carni-finte-coop-stranieri-sotto-ricatto-e-limprenditore-dice-scegliete-il-sindacato-giusto-reportage/4107733/

- http://www.lastampa.it/2017/12/28/italia/cronache/a-natale-sciopero-della-fame-degli-operai-della-carne-75hzfL5gT60qR9LaRiiTgK/pagina.html

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