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Dead zone nel Golfo del Messico: il ruolo degli allevamenti intensivi

News Section Icon Pubblicato 10/08/2017

Il Golfo del Messico potrebbe ospitare la più grande dead zone mai vista. Le dead zone, “zone morte”, sono aree d’acqua che non hanno sufficiente ossigeno per sostenere la vita marina. Lo spiega bene il direttore internazionale di Compassion in World Farming, Philip Lymbery, nel suo ultimo libro, Dead zone, che vi abbiamo presentato tempo fa.

Le dead zone sono tipiche dell’oceano ma possono essere presenti anche in laghi e fiumi. L’ipossia, l’insufficienza di ossigeno, è causata dall’eutrofizzazione: la presenza di sostanze nutrienti nell’acqua aumenta, portando alla fioritura di alghe che, quando muoiono, consumano tutto l’ossigeno.

La dead zone del Golfo del Messico si estende al largo della costa della Louisiana, lasciandosi dietro una devastazione ecologica senza precedenti. Ma cosa è responsabile dell’aumento di sostanze nutrienti nell’acqua? Cosa si nasconde dietro questo ennesimo disastro ambientale?

Secondo un nuovo rapporto di Mighty Earth, il colpevole principale è l’industria della carne negli Usa centrali. Le enormi quantità di tossine e nitrati presenti nei concimi e nei fertilizzanti usati dagli allevamenti intensivi finiscono nei fiumi che alla fine sfociano nel Golfo del Messico, causando il proliferare di alghe e quindi la dead zone.

A distruggere la vita marina del Golfo del Messico sono le filiali agricole e zootecniche di alcune delle più grandi aziende produttrici di carne di tutti gli Stati Uniti. Da un’indagine incrociata è emerso un nome su tutti: la Tyson Foods, colosso dell’industria della carne americana e quindi mondiale.

L’intero sistema è sotto accusa: a monte della dead zone ci sarebbe non solo l’allevamento di bestiame ma anche le grandi quantità di mais e soia OGM prodotte per alimentare gli animali.

Casi come la gigantesca dead zone del Golfo del Messico stanno svelando all’opinione pubblica gli enormi impatti ambientali degli allevamenti intensivi. L’augurio è che, oltre che divenire più consapevoli, i consumatori si orientino sempre di più verso opzioni maggiormente sostenibili, scegliendo un sistema alimentare più giusto e rispettoso di tutti: animali, persone e ambiente.

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