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Galline in batteria: Italia condannata da Corte UE

News Section Icon Pubblicato 22/05/2014

"La sentenza della Corte Europea pubblicata oggi è una vera soddisfazione!" esordisce Annamaria Pisapia Direttrice di CIWF Italia alla notizia della condanna per l'Italia per la mancata applicazione della normativa di protezione delle galline ovaiole - Direttiva 1999/74/CE entrata in vigore il 1 gennaio 2012.

La sentenza giunge al termine di un percorso in cui la Commissione aveva ripetutamente chiesto all’Italia di adeguarsi alle disposizioni di legge ma nonostante tutto, il 4 dicembre 2012 quasi 12 milioni di galline venivano ancora allevate nelle gabbie vietate.

Come si legge nella sentenza, l’Italia stessa non ha contestato tale situazione, ma si è limitata a stabilire un nuovo termine di adeguamento per le aziende italiane, che sarebbe stato a partire dal 1° luglio 2013. La motivazione fornita è davvero paradossale: “non le era stato possibile intervenire e sanzionare in tempo utile il mancato adeguamento delle aziende” non conformi.

“Si tratta veramente di scuse assurde. Quale stato sovrano al mondo non può sanzionare in tempo utile nel proprio territorio chi infrange le sue leggi? Soprattutto perchè vi erano stati ben 13 anni per adeguarsi alla normativa. La verità è che è mancata la volontà politica, prestata agli interessi economici di chi voleva lucrare sulla pelle degli animali. E’ infatti del tutto evidente la convenienza economica di continuare a utilizzare le gabbie ”convenzionali”, in cui si possono ammassare più animali.”.

La Direttiva ovaiole, risalente al 1999, è stato il primo storico pilastro legislativo europeo con l’espresso divieto di un sistema di allevamento crudelissimo e totalmente lesivo del benessere degli animali: le gabbie di batteria, completamente  spoglie e così anguste da non consentire alle galline nemmeno di spiegare le ali.

Conclude Pisapia: “Per noi di CIWF nessun animale dovrebbe venire allevato in gabbia, e per questo siamo anche contrari all’utilizzo delle gabbie arricchite, rimaste consentite per legge. Tuttavia, la Direttiva ovaiole, per la cui emanazione la nostra organizzazione si è battuta  per anni ed anni, è stata e rimane un grande passo avanti verso il benessere animale in Europa e la Commissione Europea ha avuto il merito di farla applicare, nonostante tutte le pressioni in senso contrario. A loro va il nostro plauso per questo.”

Ora, poco conta che la sentenza venga in un momento in cui l’Italia si è già adeguata. E’ il principio che conta, e cioè che le normative di protezione animale vanno applicate puntualmente come tutte le altre leggi. Speriamo che l’Italia (e in primis la sua classe politica) se ne renda finalmente conto”.

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