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Expo 2015: Come nutrire il pianeta e come non farlo

News Icon 27/04/2015

Philip Lymbery, Direttore di CIWF International e autore di "Farmageddon, il vero prezzo della carne economica" chiede ai decisori politici di nutrire il pianeta con buon senso e umanità, invece che con "l’intensificazione sostenibile” proposta dalla retorica dell'industria.

Con la popolazione mondiale destinata a crescere dagli attuali 7 miliardi a 9-10 miliardi di persone entro la metà del secolo, garantire l’accesso a cibo sufficiente per tutti è una delle più grandi sfide del nostro tempo. Siamo oramai abituati agli slogan dettati dagli interessi dell’industria agroalimentare, che sostengono come sia necessario aumentare la produzione. Con questo si intende generalmente rinchiudere gli animali in mega allevamenti, togliendoli da pascoli, sostituiti, invece, da cereali coltivati con l’aiuto di pesticidi chimici e fertilizzanti.

Ciò che l’industria dell’allevamento intensivo non ammette è che il sistema attuale produce già sufficiente cibo per nutrire tutti, e anche di più. L’allevamento intensivo rappresenta un terzo della produzione globale ed è responsabile di alcuni dei maggiori danni alla salute pubblica e all’ambiente e della più grande inefficienza alimentare del pianeta. Infatti, la maggiore area di spreco di cibo non è rappresentata da quello che buttiamo nella spazzatura, ma dall’alimentare animali allevati intensivamente con cereali commestibili per noi, perdendo molto del valore calorico lungo il processo. 

Un modo migliore di produrre cibo è allevare gli animali liberi all’aperto.

In questo modo, eviteremmo l’assurdità in cui viviamo per cui:

  • Cereali sufficienti a nutrire 4 miliardi di persone in più sul pianeta sono utilizzati per allevare animali negli allevamenti intensivi di tutto il mondo, sprecando gran parte del loro valore calorico nella conversione in latte, uova e carne.
  • Il sistema intensivo impegna nella coltivazione di cereali destinati alla produzione di mangimi per gli animali un’area arabile equivalente alla superficie totale dell’Unione Europea
  • Questa competizione fra persone e animali per il cibo può essere evitata tenendo gli animali al pascolo dove possono convertire ciò che le persone non possono mangiare  - l’erba- in ciò che è per noi commestibile: carne, latte e uova.
  • I pascoli coprono un quarto della totalità della terra utilizzabile sul pianeta, fornendo lo strumento perfetto per produrre cibo nutriente.
  • L’attuale pratica di allevare gli animali intensivamente, ingabbiati, ammassati e rinchiusi in capannoni senza finestre, fa sì che i cereali per i loro mangimi debbano essere coltivati altrove, spesso con grandi costi ambientali a livello locale, e in posti come il Sud America, da dove sono importati
  • Nel mondo, la metà degli antibiotici viene somministrata agli animali da reddito, per lo più per contenere le malattie derivanti dalle condizioni di allevamento, contribuendo così alla creazione di superbatteri resistenti agli antibiotici.

Con la prospettiva di 2-3 miliardi di persone in più da nutrire entro il 2050, il nostro sistema di produzione alimentare ha bisogno di essere più efficiente. Questo non può significare solamente raddoppiare la produzione degli allevamenti intensivi secondo la solita logica del profitto. Abbiamo bisogno di riconoscere seriamente che produciamo già cibo per nutrire fino a 14 miliardi di persone, se solo non ne sprecassimo più della metà.

Se pensassimo semplicamente di raddoppiare la produzione dell’attuale sistema alimentare ci comporteremmo come un’azienda per il servizio idrico che ha tubi che perdono e sprecano metà dell’acqua e che, per risolvere il problema, decidesse di aggiungere una seconda struttura di tubi con lo stesso difetto. Questo raddoppierebbe anche lo spreco. Molto meglio avere tubi più efficienti, senza perdite, che un numero maggiore di tubi ma con perdite.

Per questo chiedo buon senso per nutrire il mondo. Un buon senso che metta termine alla competizione fra le persone e gli animali per il cibo; che riduca e ricicli gli scarti alimentari; che supporti l’allevamento degli animali nelle fattorie, non in industrie; e che in questo modo costruisca un sistema alimentare efficiente, finalizzato a nutrire le persone. 

 

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