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Bill Gates e l’innovazione a tavola

News Icon 25/03/2013

Il magnate della Microsoft, Bill Gates, è l’ultimo nome importante che si inserisce nel dibattito su come nutriremo il mondo in futuro. Nelle sue note di apertura all’ultimo ‘Gatesnote’1, The Future of Food [“Il Futuro del Cibo”], Gates spiega che il consumo di carne, secondo le previsioni, sarà raddoppiato nel 2050, ma che questo consumo è affamato di risorse, con un “significativo impatto ambientale”. Gates conclude che, quando si tratta della produzione di carne, “ci occorrono più opzioni” che non depauperino le risorse naturali.

Ma che cosa ha in mente esattamente Gates? Parla di re-inventare il mercato della carne con innovazioni tecnologiche che abbiano aspetto e sapore di carne e uova, senza esserlo. Cita Beyond Meat e Hampton Creek Foods, due aziende che stanno sviluppando fonti di proteine vegetali per il mercato di massa. “Non ho potuto distinguere la differenza di sapore tra la carne di Beyond Meat e il pollo vero”, scrive Gates prima di passare alla descrizione della ricerca scientifica sottostante a questi prodotti innovativi.  

L’autore del best-seller “Il dilemma dell’onnivoro”2, Michael Pollan, spiega tre buone ragioni per cui ridurre il consumo di carne è una buona idea: salute, tutela dell’ambiente, e benessere animale. A proposito di quest’ultimo aspetto, Pollan prosegue e afferma: “Gli allevamenti che producono la maggior parte della nostra carne e del nostro latte sono luoghi brutali in cui gli animali soffrono senza necessità”.

È fantastico vedere una persona influente come Bill Gates impegnarsi con tanta veemenza sul tema dell’ampliamento dei nostri orizzonti alimentari in modo utile e funzionale al nostro futuro3. Negli ultimi anni, mentre scrivevo un libro sul sistema di alimentazione globale, ho avuto l’occasione di parlare con altri personaggi le cui idee meritavano attenzione. Per esempio, i ricercatori della Wageningen University in Olanda stanno sviluppando sistemi di produzione su larga scala di cibo e carburante a partire dalle semplici alghe di acqua dolce o marine. Le proteine delle alghe potrebbero essere utilizzare per nutrire i suini, i polli o i pesci di allevamento, oggi alimentati con soia o farina di pesce: lo si fa già, ma solo a titolo sperimentale. Le alghe potrebbero essere anche un ingrediente ad alto contenuto proteico per gli esseri umani. Analogamente, le alghe marine possiedono un potenziale enorme. Un’area dell’oceano di dimensioni modeste, equivalente a quattro volte la superficie del Portogallo, potrebbe produrre abbastanza alghe da soddisfare le richieste proteiche di 10 miliardi di persone.

Al momento, l’industria della carne sembra incollata alla vecchia abitudine dell’allevamento intensivo; forse il sistema di produrre cibo in assoluto più sprecone che sia mai stato inventato. Due terzi degli animali da allevamento nel mondo sono allevati intensivamente; vengono nutriti con enormi quantità di cereali, soia e pesce che potrebbero altrimenti servire a nutrire persone.

Eppure, ancora oggi viene sprecata la maggior parte delle calorie e delle proteine del cibo; per esempio 100 calorie di cereali utilizzati come alimento per il bestiame forniscono solo 30 calorie in forma di carne. I miei calcoli stimano che i cereali utilizzati per alimentare gli animali allevati intensivamente potrebbero, da soli, sfamare 3 miliardi di persone.

Ecco perché Compassion esorta a dare un Senso al Cibo: un approccio all’alimentazione mondiale basato sul buon senso. Invece di sprecare il prodotto di preziosi terreni coltivabili per nutrire animali da allevamento, non sarebbe meglio risparmiarlo e utilizzarlo come cibo di cui potremmo nutrirci direttamente?

Invece che chiusi in gabbie e capannoni affollati, gli animali da allevamento non ci sarebbero più utili su terreni da pascolo e marginali, che coprono una percentuale così ampia della superficie terrestre, o se andassero al pascolo in foreste? Qui, potrebbero convertire cibo di cui gli esseri umani non possono nutrirsi in cose per noi commestibili; e perché non nutrire maiali e polli sulle montagne di scarti alimentari che attualmente gettiamo nelle discariche?

Evitare di sovra-alimentarci di carne, impiegando altre fonti di proteine – siano esse carne “finta” o meno – come sottolinea Micheal Pollan, allenterebbe anche la pressione su ambienti sfruttati massicciamente, e avrebbe persino effetti positivi sulla salute.

Nulla di tutto ciò è nuovo per Compassion. Si tratta esattamente della visione del fondatore dell’organizzazione, Peter Roberts, che in precedenza era stato allevatore di mucche da latte. Alla fine degli anni 1960, Peter chiarì il suo punto di vista su come l’agricoltura globale potesse alleviare la fame mondiale, in un articolo fondamentale per capire la sua etica. In ‘The Earth Can Feed Us’ [“La Terra ci può nutrire”], Peter denunciò la convinzione prevalente secondo cui la soluzione ai problemi alimentari mondiali era di adottare la coltivazione di cereali a ciclo continuo e l’allevamento intensivo. Descrisse lo sviluppo in molti paesi di nuovi metodi per nutrire gli esseri umani direttamente dalle piante, e chiese che venissero “rapidamente” sviluppati alimenti basati maggiormente sulle piante allo scopo di evitare la carestia.

Mezzo secolo dopo, è incoraggiante vedere personaggi famosi dei giorni nostri che appoggiano messaggi visionari sul cibo. È fantastico sentire crescenti cori di voci che sostengono la diversificazione delle scelte alimentari; che si battono in favore dello sviluppo di regimi dietetici più sostenibili, del mangiare carne migliore e dell’evitare il suo consumo esagerato. L’obiettivo che si pone davanti a noi è di far invertire la rotta alla petroliera dell’allevamento intensivo prima che devasti il pianeta e faccia aumentare la fame globale, per non parlare della possibilità di arrestare le sofferenze nascoste di miliardi di animali d’allevamento.

Non è un obiettivo da poco, ma so che è condiviso dai sostenitori di Compassion in tutto il mondo. Si tratta di un obiettivo al cui raggiungimento tutti noi possiamo contribuire, prima di tutto attraverso le nostre scelte alimentari. Fortunatamente, abbiamo la possibilità di fare un’enorme differenza ben tre volte al giorno.

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