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Cambiamento climatico

L’allevamento contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali, secondo i dati della FAO. Si tratta di una percentuale importante, equivalente a quella dei trasporti a livello globale, eppure durante la prossima Conferenza delle Parti che si svolgerà a Parigi, non ci saranno negoziazioni relative all’allevamento e neanche allo stile alimentare. E’ per questo che CIWF ha lanciato una petizione per chiedere che questi due argomenti entrino a far parte dei negoziati di Parigi.

Mario Tozzi, geologo e testimonial della campagna di CIWF sul cambiamento climatico, ha dichiarato:

“Anche io mi unisco a CIWF e chiedo ai leader mondiali di inserire l’impatto degli allevamenti e della produzione nostro cibo nel nuovo accordo sul clima di COP21. E’ urgente che i paesi industrializzati si impegnino a ridurre in maniera importante il consumo di carne.”

Mario Tozzi per CIWF 

Un’industria «energivora»

Sappiamo che le attività umane hanno un impatto forte sul cambiamento climatico e che creano una minaccia seria per il pianeta e i suoi abitanti. Secondo i dati attuali dovremmo ridurre le emissioni di gas serra nei paesi sviluppati di almeno l’80% da qui al 2050 per avere una possibilità di restare sotto la soglia di pericolo rappresentata da un aumento medio della temperatura di 2°C.

Allevamento: l’elefante nella stanza

Uno studio del 2014 mostra che se il sistema attuale di intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento resterà tale, condurrà da solo ad un aumento delle emissioni di gas serra del 77% entro il 2050. Queste emissioni, da sole, potrebbero causare un aumento della temperatura mondiale vicino ai 2°.

Cambiamento climatico e allevamento intensivo

Le fonti di gas serra

L’allevamento intensivo produce gas-serra lungo tutto il percorso della sua “catena di produzione”; oltre alla digestione degli alimenti da parte degli animali, che evidentemente produce dei gas, il dissodamento delle foreste per coltivare piante e allevare animali riduce le fonti vitali di carbonio e libera i gas precedentemente immagazzinati nel suolo e nella vegetazione.

Ma il diossido di carbonio non è l’unico problema

Non è solo il diossido di carbonio a creare dei problemi: gas quali il metano e il protossido d’azoto vengono prodotti anch’essi in grandi quantità e liberati nell’atmosfera da fonti diverse, in particolare dai rifiuti animali e dall’impiego di fertilizzanti. L’allevamento produce rispettivamente il 37% e il 65% del metano e del protossido di azoto mondiali. Questi due gas sono molto più dannosi del diossido di carbonio.  

Gas serra e allevamento intensivo

Cosa possiamo fare?

L’allevamento intensivo intensifica il cambiamento climatico. Intraprendendo azioni per limitare l’allevamento intensivo, non partecipiamo semplicemente a una rivoluzione agricola e alimentare, ma combattiamo anche una delle più grandi battaglie del mondo contemporaneo.

  1. L’intensificazione sostenibile non è una soluzione 
    Riteniamo che una intensificazione della produzione della carne, per ridurre le emissioni e aumentare contemporaneamente la produttività, non sia necessaria e possa essere, anzi, controproducente. Perché aumenterebbero gli sprechi e soprattutto le emissioni di gas da parte dell’agricoltura non verrebbero ridotte.
  2. Bisogna cambiare dieta
    Lo studio della Chatham House [7] conclude che le emissioni di agricoltura ed allevamento possono diminuire solo con una riduzione del 50% dello spreco di cibo e con un cambiamento nella dieta. Questo implicherebbe una riduzione del consumo di carne in molte regione del pianeta, ma comprenderebbe anche un aumento del consumo in alcune regioni in cui la carne viene ora consumata in scarse quantità. Lo stesso studio afferma che è improbabile che si possa rimanere sotto il tetto dell’aumento di temperatura di 2° senza ridurre il consumo di carne e latte e loro prodotti derivati. E secondo uno studio pubblicato nel 2014 [8] riducendo del 50% il consumo di carne, latte e uova nell’Unione europea, si ridurrebbero le emissioni del 25-40%.

Fonti

 

Globe

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